Ne è passato di tempo dal nostro primo ed ultimo intervento su questo spazio, perciò mi sono detto: "almeno quest'anno chiudiamolo lasciando una nostra traccia, giusto per far capire che il blog è vivo e vegeto!".
Ed allora eccomi qui a proporre un articolo da me redatto e pubblicato sul sito http://www.gta-series.com/ circa dieci giorni fa.
L'articolo in questione funge, in un certo senso, da resoconto relativo ai trailer ufficiali di GTA IV rilasciati da Rockstar, che finora sono ben tre. L' intento è quello di offrire un diverso punto di vista, frutto di una speculazione atipica se vogliamo, in mezzo al calderone di impressioni e convincimenti che hanno contraddistinto i commenti post-rilascio.
Il resto lo lascio a quanto segue ed ovviamente allo spirito critico di chi vi si accosterà.
Buona lettura
È trascorsa poco più di una settimana dal rilascio del terzo trailer e, da ciò che mi è parso di capire, questo sembrerebbe essere il più "riuscito", non fosse altro per aver messo d'accordo tutti, o comunque molta più gente rispetto ai due precedenti. Quanto a notizie ancora navighiamo sull'onda di quanto è stato detto all'unisono da siti e riviste di tutto il mondo; tutto ricavato da interviste, speciali, articoli e quant'altro. Informazioni davvero interessanti indubbiamente: hanno il merito di averci fornito un quadro quantomeno coerente di quello che dovrebbe essere il "fittizio" mondo di questo nuovo Grand Theft Auto, introducendone svariati aspetti e fugando taluni dubbi sorti in capo al possibile utilizzo di determinati aspetti principe dei passati episodi. Tutti a chiedersi quanto ci sia di nuovo in quest'ultimo capitolo e in che misura debba qualcosa ai suoi predecessori. Tutte domande legittime, considerato l'allargamento disarmante del bacino di utenza della serie, registrato in particolare dal Vice City in poi. L'immediato confronto – oserei dire fisiologico – viene prospettato in relazione al tanto acclamato GTA San Andreas, vuoi perché il più "innovativo", vuoi perché molti sembrano davvero essersi affezionati a talune componenti, quasi non potessero più farne a meno (vedi editing, tuning e via discorrendo). Non invidio Sam Houser, il quale ha dovuto divincolarsi - a mio avviso infastidito – in mezzo alla fitta ragnatela tesagli ad hoc da alcuni simpatici addetti ai lavori, i quali hanno avuto sì il merito di aver raccolto il sentire comune presso svariati forum ma che, nello stesso tempo, considerata la loro auspicabilissima professionalità, sarebbero stati tenuti ad effettuare una sorta di cernita comprendendo cosa fosse stato meglio chiedere e cosa no. A limite, trovo molto intelligente l'iniziativa adottata da Game Informer, la quale ebbe il merito di stilare un intero articolo a mo' di "Domanda e Risposta", in cui gli utenti hanno potuto sbizzarrirsi chiedendo la qualunque. Ma anche in questo caso trattasi di opinioni personali; ritengo che pure in un settore del genere il buon senso sia un'ottima dote cui ricorrere in più occasioni. Ma, dopo queste doverose premesse, direi che è il momento di tornare a noi. In apertura si è accennato a questo terzo trailer, giunto in sordina dopo un periodo di relativa magra. A riguardo si diceva di come fosse risultato decisamente più gradito ai più, merito sicuramente di una durata lievemente incrementata e di un maggiore (seppur chiaramente minimo approfondimento circa quelli che sembrano essere i personaggi principali, ossia Niko e Roman. Nonostante la dicitura di questo trailer (Move up, ladies) suppongo si possa affermare con relativa certezza che il tutto sia incentrato più sulla figura dei due e sul loro rapporto piuttosto che su qualche bella ragazza. Tali considerazioni si estrinsecano da alcune fasi, sapientemente disposte, in cui viene esplicitato l'intento degli sviluppatori, che, come confermato a più riprese, tengono molto alla resa, con relativi risvolti, della trama di questa loro ultima fatica. In primis c'è il benvenuto di Roman verso il suo caro cugino Niko: alla luce di quanto sappiamo, è lecito credere che i semplici vincoli familiari non siano sufficienti a giustificare tanto caloroso
affetto, bensì è molto più verosimile dipingere un quadretto in cui Niko, per Roman, costituisce l'ultima ancora di salvezza, l'unico a poter risollevare una situazione oramai divenuta insostenibile. È sin troppo palese l'ingenuità del cugino del nostro protagonista: come tanti emigranti, è venuto in America carico di sogni e belle speranze, convinto come non mai di poter realizzare il celeberrimo "sogno americano"; ed è questa una convinzione che non lo abbandona affatto, anzi, incrementa spessore dopo l'arrivo di Niko - tutto ciò, nonostante la discutibile condizione in cui versa, braccato come una preda da gente tutt'altro che alla sua portata e con in mano (almeno all'apparenza) un pugno di mosche. Da qui passiamo direttamente ad un'altra sequenza, quella in cui viene proposta la bettola che, presumibilmente, ospiterà il nostro alter-ego virtuale. Da questa situazione si evince la superficialità di Roman, che, quantomeno, sembra aver assimilato la tipica filosofia "made in USA". Difatti alla domanda rivoltagli dal cugino: "È questa la tua idea di villa?", lui si limita, ma con una convinzione disarmante, ad un semplice: "La villa arriverà, cugino. Almeno, il mio sogno è quello...". È questa la chiave: il riscatto di Roman, e per l'esattezza del suo "sogno americano", passa proprio attraverso Niko, nelle vesti, quest'ultimo, del classico fratello maggiore capace di risolvere qualunque cosa, in grado di tirare fuori chiunque anche dalle situazioni più scabrose. Quanto detto ci aiuta pure a tracciare sommariamente gli opposti caratteri dei due. Il primo, Roman, tipo ingenuo, bonaccione se vogliamo, tutt'altro che calcolatore, tanto da immettersi in un giro che non li si addice affatto, convinto ai limiti della follia ma conscio del fatto che il mercato più fertile sia anche quello meno adatto per lui… e qui entra in gioco Niko. La sua è un'indole decisamente più pragmatica, meno disposta alla diplomazia; è un tipo molto diretto, sa valutare le situazioni ed è assolutamente freddo, inoltre sembra parlare giusto quando è necessario. Tali elementi lascerebbero presupporre che ci si trovi dinanzi ad un degno protagonista di un GTA che si rispetti. Qualora volessimo azzardare dei parallelismi, il rapporto, pur se preesistente, che si instaura tra i due è certamente paragonabile a quello tra Vic e Lance, i due fratelli Vance di Vice City Stories. Anche in quel caso Lance - lungi dall'essere il "Lance Vance Dance" di Vice City, quel personaggio talmente ardito da sfiorare l'idiozia (ma comunque apprezzabilissimo e sicuramente più furbo) – necessita in maniera indispensabile di Vic; da solo non potrebbe osare tanto. È chiaro, le figure di Lance e Roman non sono esattamente simili, non fosse altro che il primo, anche quando le cose sembrano essersi messe male, riesce, con fare da "paraculo", a volgere sempre al meglio la situazione, come se insomma avesse sempre tutto sotto controllo. Nel secondo caso appare l'opposto: l'unico riconoscimento che può essergli fatto è proprio quello di aver compreso che la situazione gli sia sfuggita sciaguratamente di mano.In tal senso però sia Niko che Vic assurgono alla perfezione al ruolo di "tappabuchi", anche se, ovviamente, è inutile andare oltre dato che nulla sappiamo riguardo come si dipanerà la vicenda relativa ai due cugini dell'Est Europa. Solo mi sembra interessante focalizzarci sull'interesse degli sviluppatori circa questa "fattispecie" che già si intravede nell'ultimo episodio della serie rilasciato su PSP.Ritornando prettamente al rapporto tra Niko e Roman, letto attraverso ulteriori sequenze tratte dal trailer di qualche giorno fa, intendo menzionare altre due fasi in particolare, in piena linea di quanto sino ad ora espresso. La prima riguarda la vicenda in cui Niko osserva intorno alla ricerca di Roman, il quale si nasconde impunemente tra l'immondizia spaventato come non mai (e supponiamo ne abbia ottimi motivi) e per di più accusato di essere un paranoico. Anche questi frangenti conservano una coerenza inoppugnabile ai fini della nostra analisi: Roman che proprio non riesce ad uscire dalla sua connaturata condizione da ingenuo speranzoso, oppresso e in balia di eventi più grandi di lui; Niko, invece, molto più sicuro dei propri mezzi e spavaldo quanto basta. Ritengo si possa dire che entrambi recepiscano bene il messaggio lanciato loro dall'America, dal suo spirito più profondo; ciò che li differenzia è proprio il modo di affrontare questa realtà che li viene prospettata e chiaramente, in questo caso, non possono che entrare in gioco le loro indoli diametralmente opposte, componente questa che inciderà inevitabilmente in maniera determinante sullo sviluppo degli eventi che si succederanno – e stando a quanto detto, saranno parecchi.L'ultimo richiamo ha, così per come mi piace intenderlo, un "valore rafforzativo"; mi spiego meglio. È inerente proprio all'ultima sequenza, quella che si conclude con una frase che a me ha davvero colpito e che di conseguenza riporterò in lingua originale poiché ritengo che tradotta non renda allo stesso modo: "Well… since you put in that way… I'm in." ("Bene… se la mettete così… ci sto."). Da notare che quest'uscita avviene in risposta a quella che, sostanzialmente, altro non è che una minaccia. Eppure Niko non ne esce "sconfitto" come è lecito credere; no, bensì consolida la sua posizione di uomo concreto e mai fuori luogo. Sa che la sua sopravvivenza e la sua imposizione passano anche attraverso simili minacce e sa anche che, se mai ci sarà un momento in cui rispondere a simili provocazioni, non è quello, ma ci vorrà del tempo. D'altro canto, essendo lui agli antipodi rispetto a Roman, non poteva non comprendere certe cose, rientra nel suo carattere pensare per poi agire. Su quest'ultima considerazione qualcuno potrebbe avere qualcosa da ridire, e non avrebbe tutti i torti. Per esempio ci si potrebbe domandare perché, una persona così attenta alle ripercussioni di determinate azioni, non consideri l'impatto di una condotta che lo vede sempre in agitazione tra inseguimenti, sparatorie e massacri di vario tipo. Beh, in questo caso la risposta è semplice, e potrei, simbolicamente e scherzosamente, riprendere colui che si pone tali domande "rimproverandogli" di non essere un attento osservatore della serie. Il caos è parte integrante dell'esperienza in GTA, e di conseguenza, fisiologicamente, non può che risentirne lo stesso protagonista. Questo è il punto, tutta quella confusione non è il frutto di qualcosa andato storto – non calcolato, per così dire – ma è proprio l'esatto contrario: per fare certe cose non si può operare diversamente, quindi il tutto è voluto… questo è Grand Theft Auto!Ma finito di analizzare, a mio modo, il terzo trailer, mi soffermerei più in generale su quanto visto, letto e saputo prima. Breve ma doveroso accenno, prima di passare oltre, merita la frase conclusiva del primo trailer – che, per la cronaca, rimane il mio preferito quanto a stile e montaggio – ebbene, come non sottolineare quell'ultima frase, densa di molti più significati di quanto non si possa immaginare: "Perhaps here… things will be different."Molti (senza peraltro avere tutti i torti) hanno registrato tale frase come riconducibile al diretto passato del nostro protagonista, passato sicuramente travagliato (come anche lascia intendere la prima parte del suo discorso in questo trailer) ma che non giustifica interamente l'intensità di certe parole.Per capirlo meglio bisognerebbe comprendere che, per bocca di Niko, è la serie che parla, Grand Theft Auto stesso; e quale migliore escamotage da parte degli sviluppatori se non quello di servirsi del prossimo protagonista? Lo dicono chiaramente, facendo precedere il tutto da quel "forse" ("perhaps") che funge più da emblema di prudenza che altro: "adesso le cose cambieranno, non vi diciamo come, non è tempo, ma sappiate che cambieranno… GTA non sarà più lo stesso. "Al di là dell'eccessivo impatto scenico (di cui mi assumo la totale paternità) di una uscita del genere, si tratta sostanzialmente di questo: di prendere atto cioè, che d'ora in avanti si volta pagina, non si capisce ovviamente in che misura, ma così sarà. Non a caso - proseguendo col nostro discorso - uno dei leit motiv delle ultime dichiarazioni riguardo GTA IV, da parte di Houser, sembra essere quello di prendere le distanze dagli ultimi episodi, quantomeno a livello strutturale. E ad essere sinceri sono più di uno gli elementi che lascino supporre la veridicità di certe prese di posizione. Potremmo partire dagli artworks, il cui rinnovato stile la dice lunga in proposito: abbandonato quello classico, simil-cartoonesco, si passa ad uno più "serioso", anch'esso molto evocativo, quasi a rimarcare l'assoluta esigenza di un'evoluzione dei contenuti. Ciò nonostante, sono stati fugati i dubbi circa la comprensibile paura che quel magico alone prettamente "gtaiano", il quale propone un mix di satira e grottesco, possa scomparire: queste componenti rimarranno vive e presenti nel prossimo episodio – e non avrebbe potuto essere altrimenti, aggiungo io. Altro elemento, ancora più autorevole a mio avviso, in relazione a questo cambio di corrente, va rintracciato, a sua volta, in alcune piccole cose. Ho sempre sostenuto che lo snaturare talune componenti essenziali della serie avrebbe giovato (come difatti è stato) ad allargare la cerchia di fruitori – cosa peraltro lecita – rischiando però di "porre nel dimenticatoio" coloro i quali sono sempre rimasti soddisfatti di certi punti essenziali, rimanendone in un certo qual modo legati (ed io chiaramente mi annovero tra queste fila). Andiamo per gradi. Nei primi GTA (sino al 2) l'idea della scalata per poi arrivare alla tanto agognata vetta del potere criminale della città era totalmente estranea. Il protagonista impersonava un mercenario, senza uno straccio di retaggio storico, quasi fosse buttato lì per caso, al soldo di chiunque fosse disposto a pagare per ricevere i suoi servigi, verso i quali molti erano interessati e per i più svariati motivi. Un "senza nome" (letteralmente così in GTA 2) capace di fare la differenza, l'unico al quale ci si poteva rivolgere per determinate questioni "scottanti", consci anche del suo disinteresse circa qualsiasi "arrampicata sociale" in ambito criminoso. Il sistema era quanto mai semplice ed efficace: si veniva contattati tramite una comunissima cabina telefonica in un luogo pubblico, si riceveva il lavoro, lo si svolgeva e si otteneva il corrispettivo per le nostre prestazioni… oggigiorno ritengo che questo schema costituisca un esempio di funzionalità e genialità incomparabile. Senza stare a soffermarci più di tanto su come le cose siano cambiate da GTA III in avanti, mi sembra doveroso sottolineare come talune sfaccettature, tutt'altro che di secondo piano, tipiche dei predecessori, siano state soppiantate da nuove implementazioni. Il processo non è stato immediato, né tanto meno violento, anche se col Vice City questa ventata innovativa si è manifestata in maniera decisamente più esplicita, per poi essere donata in eredità a San Andreas, titolo che, in tal senso, ha portato a compimento tale processo. Probabilmente ci si è resi conto – anzi, ne sono convinto – che per accettare determinati e allettanti compromessi, ciò che col tempo è venuto clamorosamente meno è quello spirito che più di ogni altra cosa ha sempre contraddistinto la serie, qualcosa di difficilmente esprimibile in poche parole ma di cui possiamo dare una vaga idea in breve mediante le righe che seguono. Sostanzialmente ritengo che alla Rockstar abbiano compreso che, come sovente accade, per attuare un vero progresso, bisogna rimanere saldi nelle tradizioni. Sia chiaro: io sono per il progresso della serie e sono sempre stato a favore di questo processo nella misura in cui sia "reale", non fittizio e pretenzioso. Difatti prima parlavo di cambiamenti, intesi quasi come stravolgimenti, cosa che, con discreto piacere, suppongo non si possa dire relativamente a quanto per ora sappiamo di questo nuovo GTA. In questo caso è più appropriato parlare di "evoluzione", dove questa trae spunto da qualcosa di già esistente e non è pensabile senza di essa. Ecco allora venir fuori, anche se in maniera un po' più pallida, quell'eccezionale sistema di cui sopra, a seguito di una gestione delle missioni attuata mediante un cellulare, elemento (a quanto pare) davvero essenziale in questo gioco. Questa è evoluzione: dove prima c'erano le cabine telefoniche, adesso, nel 2007, è più coerente e plausibile essere reperibili attraverso un telefonino, con la possibilità, tra l'altro, di gestire anche situazioni extra-lavorative. In futuro, chiaramente, bisognerà capire come è stato implementato tale sistema e quali ripercussioni avrà sulla storyline, ma concedetemi pure di fantasticare… Quanto alla location c'è poco da dire: New York sembra essere, nell'immaginario degli sviluppatori, la città ideale per Grand Theft Auto, senza possibilità di smentita. La cura per i dettagli traspare a più riprese dai trailer e dai numerosi screens rilasciati, aspetto questo tenuto sempre in grande considerazione dalla Rockstar, il cui intento principale è proprio quello di far "vivere" il gioco. Basti dare uno sguardo agli edifici, alle insegne, ai marciapiedi… la città vive già di vita propria perché densa di particolari anche se riconducibili a innumerevoli persone che fungono da contenuto di questo pregiato contenitore. Anche relativamente alla gente, cuore pulsante dell'intera esperienza, pare esserci poco da dire; non godono probabilmente della stessa cura riservata a tante altre componenti, ma siamo stati rassicurati circa una maggiore coerenza e un maggior realismo, effetto anche di un'alternanza decisamente più verosimile della notte e del giorno, con una Liberty pullulante della multirazziale gente che la abita nelle ore diurne, e una calma giustificabile e necessaria nelle ore notturne. Anche questi sono aspetti che avremo modo di appurare con più attenzione in sede di gioco, per ora limitiamoci a speculare. E allora speculiamo pure sul perché Liberty City, scrutando ciò che si cela dietro il nome in sé. Se c'è qualcosa di cui un GTA non può assolutamente fare a meno - pena non essere considerato tale - è il totale senso di libertà, espletabile in più maniere: libertà di muoversi, libertà di agire, libertà di decidere, ecc.Forse il ricorso, per la quarta volta, a questa città simboleggia l'intento, mai taciuto (anzi!) di dare un'idea su quale siano le vere intenzioni dei programmatori nel proporci il loro lavoro, come se ci dicessero: "nel nostro gioco sono davvero poche le cose che non puoi fare e per di più a causa della sua natura" – quella cioè di essere nient'altro che un videogioco. Non è un caso che in ogni GTA che ha inaugurato la sua comparsa su di una nuova piattaforma, Liberty City è sempre stata presente: GTA (PC/Play Station), GTA III (Play Station 2), GTA Advance (Game Boy Advance), GTA Liberty City Stories (PSP) e adesso GTA IV (PS3/Xbox 360). Senza contare che ad essa si fa riferimento anche negli altri episodi, successivi a GTA III, in cui più volte viene menzionata e nella quale addirittura si può svolgere una missione, come nel caso di San Andreas (trattasi della missione "Saint Marks' Bistro" disponibile presso il Casinò Caligula di Las Venturas). Insomma, l'amore e l'affetto spropositato nei riguardi di questa specifica location è troppo evidente, e non penso ci sia bisogno di prodigarsi in ovvietà quali quella di affermare che ciò non può che deporre a nostro favore – volete mettere la resa di un lavoro in cui il grado di passione infusa è esponenzialmente maggiore? In chiusura intendo apporre come sigillo di questa nostra analisi un'ulteriore piccola considerazione, anche ad uso e consumo di chi legge, magari nella speranza che lui stesso affronti questa piccola questione. Personalmente, lo ammetto, sono stato uno tra quelli che non hanno fatto i salti di gioia una volta svelato il nome della città che avrebbe fatto da sfondo a GTA IV. Ciò che in particolar modo ho trovato discutibile riguarda la scelta di proporre una sola città, anche se immensa. Tale critica trova il suo fondamento alla luce del fatto che, se GTA San Andreas vinceva alla grande in qualcosa, ebbene, questo avveniva nella geniale disposizione della superficie di gioco. Non rileva ai fini di questo discorso l'ampiezza in sé, quanto la geniale idea di aver diviso l'intera area in tre città con zone limitrofe annesse – anche se ovviamente va da sé che per fare ciò ci fosse bisogno di un'area molto vasta. Per ricollegarmi al discorso di prima: in un gioco sommerso dal marasma di "cambiamenti/stravolgimenti" l'unica vera "evoluzione" era rappresentata da questa brillante idea, che poteva sicuramente trovare terreno fertile in questo nuovo episodio e che invece è stata malamente accantonata. Alla lunga magari non se ne sentirà un'eccessiva mancanza, ma ritengo sia indispensabile prendere, al momento dei bilanci e della successiva selezione di cosa possa funzionare e cosa meno, quanto di buono sia stato fatto e, almeno sotto questo aspetto, GTA San Andreas è davvero impareggiabile. A questo punto direi che si possa realmente chiudere… che dire? Mi sembra superfluo rimarcare l'assoluta soggettività di quanto scritto sopra, condivisibile o meno che sia; a fronte di talune particolari considerazioni però - comunque suscettibili di qualsivoglia dibattito - suppongo di aver fornito anche dei validi spunti leggermente più obbiettivi, ma anche in questo caso... "se ne può sempre discutere". Non mi resta anche a me che attendere nuove info, specie riguardo la data di rilascio, per poi magari stilare un'ulteriore articolo ma stavolta conmaggiore cognizione di causa.
Alla prossima.