Mentre attendiamo che Sony, Microsoft e Nintendo decidano sul da farsi, mi prenderò la briga di valutare quali sarebbero le implicazioni di un recupero del franchise al giorno d'oggi; di fatto, parliamo di un marchio che pur essendo ampiamente riconosciuto nell'ambito della subcultura videoludica (davvero pochi giochi, all'epoca di Shenmue, potevano dirsi altrettanto ambiziosi e coinvolgenti), ha disatteso in modo clamoroso i suoi obiettivi commerciali e dovrebbe pertanto ripartire da una posizione piuttosto complicata.
Shenmue ha all'attivo due episodi, entrambi fortemente strutturati dal punto di vista narrativo. Nell'intento di concedere a Yu Suzuki tutto lo spazio espressivo necessario a realizzare la sua visione, SEGA non ha mai posto un tetto massimo agli episodi da realizzare, sicchè l'avventura del giovane protagonista si dipana secondo i ritmi stabiliti in origine dal suo autore: in numerosi frangenti, la vicenda dilata i suoi tempi incoraggiando il dialogo con la gente, la contemplazione dei luoghi, la scoperta di interazioni secondarie col mondo. Ci si allontana anni luce dalla concitazione dei giochi moderni, dalle loro mode e regole.
[In uno scenario del tutto ipotetico, SEGA potrebbe ripensare la struttura narrativa del gioco e creare delle rivistazioni dei primi due episodi allineandoli a quella che dovrebbe poi essere la struttura del sequel (ovviamente attenendosi agli eventi principali della trama); sfortunatamente, si tratta di un'opzione sin troppo onerosa per la casa di Tokyo.]
Ciò detto, giungiamo al punto più spinoso della questione, ossia: quale struttura dovrebbe assumere un eventuale Shenmue III. Il feedback del pubblico odierno sulle riedizioni scaricabili sarà fondamentale, ma ritengo che questa saga goda di una caratteristica fondamentale: il suo mondo si racconta da sé. Lo fa attraverso artifici di natura tecnica come il ciclo giorno/notte, il meteo dinamico (che si evolve in modo casuale o seguendo i dati meteorologici della città di Yokosuka nel biennio '86-'87) e le splendide routine di vita dei suoi abitanti; è necessario che questo strato di narrazione implicita, sovrapposto alla storia vera e propria, venga preservato e riproposto con un'attenzione al dettaglio pari a quella dello stesso Yu Suzuki.
Si concorda ormai da tempo sul fatto che Suzuki abbia redatto la sceneggiatura di Shenmue per intero, suddividendola in 16 atti di cui solo 5 (*) sono stati effettivamente trasposti in gioco. Qualora si intendesse concludere la saga al terzo capitolo, sarebbe necessario condensare in esso ben 10 atti e procedere ad una sensibile scrematura della storia; sorge spontaneo chiedersi in che modo procedere.
A tal proposito, ricorderete che il mondo di Shenmue offriva delle piccole attività basate sui Quick Time Events che consentivano a Ryo Hazuki di guadagnare denaro; si trattava di eventi limitati e ripetitivi al punto da non esser più proponibili al giorno d'oggi. Convertendo queste fasi in vere e proprie micromissioni ricompensate sul modello di Ryu ga Gotoku, SEGA troverebbe un escamotage per far riemergere i frammenti narrativi perduti durante la revisione della sceneggiatura. La main story si snellisce mentre il resto non viene cancellato, soltanto reso opzionale.
(*) Si tratta dei capitoli 1-3-4-5 e 6; pare che il secondo sia stato raccontato in un manga mai uscito dal Giappone.
Passando agli aspetti tecnici, una tra le tentazioni da cui SEGA dovrebbe assolutamente rifuggire sarebbe quella di espandere l'area giocabile rispetto a quanto offerto dai due Shenmue per Dreamcast. Semplicemente, non serve: con la potenza delle console odierne, è possibile ricreare ambienti estremamente dettagliati azzerando i caricamenti nel passaggio da un quartiere all'altro, o da una fase all'altra (combattimento, esplorazione, dialogo).
Ancora una volta, la tecnologia di Ryu ga Gotoku costituirebbe la soluzione ideale per trasformare Shenmue in un'esperienza fluida e priva di interruzioni, dunque capace di esprimere il suo massimo potenziale.
In fase di combattimento, una tra le priorità di Yu Suzuki consisteva nel mantenere una complessità paragonabile a quella di Virtua Fighter: l'intento poteva dirsi compiuto nell'ambito degli scontri uno contro uno, mentre affrontare più avversari significava dover scendere a patti con telecamere imperfette e con la totale mancanza di lock-on. L'inclusione di quest'ultimo, congiuntamente ad un sistema di parate e schivate semiautomatiche, aumenterebbe la godibilità dei combattimenti preservando la vastità del parco mosse; eviterei infine di includere colpi contestuali perchè contrari alla filosofia di base del combattimento in Shenmue.
Quanto redatto sinora non è che una serie di considerazioni dettate dal desiderio che realizzando Shenmue III (sempre che una tra le tre potenze del mercato console decida di muoversi in tale direzione), SEGA non dimentichi l'operato del passato e lo riattualizzi in maniera rispettosa. Lasciare le mode fuori dalla porta sarebbe il primo e più importante passo verso la riuscita di un tale progetto.